“Gli effetti delle azioni di ripristino o reimpianto di alberi, potranno essere valutati e misurati solamente tra decenni, per questo il primo impegno deve essere sviluppare una gestione attiva e responsabile del patrimonio forestale esistente”. A dirlo è Diego Florian (nella foto), Direttore di FSC Italia, Ong internazionale non governativa, indipendente e senza scopo di lucro, nata nel 1993 per promuovere la gestione responsabile delle foreste. Il tema, con i conclamati cambiamenti climatici in atto, è pressante.
Il 2019 infatti è stato il secondo anno più caldo dal 1800 ad oggi. L’anno degli incendi in Australia, e prima ancora in Siberia, Alaska, Groenlandia, Angola e Congo. Nel Paese dei canguri, le cifre della catastrofe sono impressionanti. C’è infatti un filo rosso che unisce questi eventi, come altri a cui abbiamo assistito negli ultimi anni: è il cambiamento climatico. Il primo passo è dunque riconoscere che ci troviamo in mezzo ad una crisi di livello globale, e che urgono scelte coordinate e concordate per far fronte comune all’emergenza.
In un recente rapporto, l’ IPCC – il Gruppo intergovernativo dell’Onu sul cambiamento climatico – ha calcolato che sarebbe necessario ripristinare un miliardo di ettari di foreste entro il 2050 per poter contenere l’aumento delle temperature a +1,5°C. “Gli effetti di azioni di questo tipo però, potranno essere valutati e misurati solamente tra 20 o 30 anni. Per questo devono essere accompagnate – continua Florian – da una gestione attiva e responsabile del patrimonio forestale esistente, e da relative strategie di resilienza e mitigazione. Iniziative come la Bonn Challenge, che ha l’obiettivo di ripristinare 350 milioni di ettari di foresta entro il 2030, o le attività del Global Landscape Forum devono essere sostenute da azioni di conservazione, salvaguardia e valorizzazione delle aree forestali mondiali già presenti”.